Ai Weiwei @RoyalAcademy

Posted by | dicembre 18, 2015 | News | No Comments
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Domenica 13 dicembre ha chiuso alla Royal Academy di Londra la grande retrospettiva sull’artista dissidente cinese Ai Weiwei, definita da Il Sole 24 Ore: «la mostra più attesa dell’anno».
Aspettando di sapere quanti biglietti siano stati staccati nell’arco di questi tre mesi, abbiamo già una certezza: l’esposizione è stato un grande successo di pubblico e di critica.

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Grazie a una toccata e fuga in Inghilterra, anch’io sono riuscita a vedere la mostra e a farmi un’idea su quello che oggi è considerato uno degli artisti più influenti al mondo, famoso tanto per la sua arte quanto per il suo impegno politico, di aperta opposizione al regime cinese.

L’esposizione si sviluppava in undici sale molto spaziose, collocate al piano nobile dell’edificio, all’interno delle quali le opere di Ai Weiwei trovavano il loro ambiente ideale. La caratteristica più evidente di tutti i suoi lavori è la loro capacità di esprimere una forte e distinta identità cinese, dalla scelta di materiali (come il marmo, la giada e la porcellana), alle associazioni con la loro storia imperiale, fino al recupero di oggetti antichi. Alcune opere sono davvero impressionanti, sia come dimensioni sia come ricercatezza nei dettagli: infatti, l’artista collabora a stretto contatto con un piccolo team di artigiani altamente qualificati, cercando sempre di approfondire le connessioni tra il suo lavoro e le antiche tradizioni dell’arte cinese. Per questo le sue sculture riescono ad essere sempre visivamente molto impattanti e, allo stesso tempo, a nascondere numerosi significati.

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Tra le opere presenti in mostra, due in particolare mi hanno lasciato senza fiato. La prima è una commemorazione dei cinquemila bambini morti nel terremoto di Sichuan nel 2008, che occupava un’intera sala: novanta tonnellate di ferro contorto che Ai Weiwei ha recuperato dai resti delle scuole distrutte e ha pazientemente raddrizzato a mano, con i nomi di tutte le vittime scritti sui muri. Un’opera fortissima e commovente. Nella stessa sala era presente anche uno schermo con un video del making-of dell’opera, che, ovviamente, attirava altrettanto interesse.

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La seconda opera riguardava l’arresto di Ai Weiwei e il suo periodo di prigionia nel 2011, durato 81 giorni. La penultima sala era dedicata alla ricostruzione della cella in cui l’artista era stato rinchiuso: sei diorami raffiguravano sei diversi momenti della giornata durante la sua prigionia. Il visitatore poteva osservare le scene da apposite finestrelle, come se stesse spiando dal buco della serratura. Geniale anche la tappezzeria della sala: manette e telecamere dorate che incorniciavano l’uccellino di Twitter con il viso di Ai Weiwei. L’artista, infatti, è celebre per la sua attività online, tra blog e social network, tanto da dichiarare: «Non c’è distinzione tra la mia attività su internet e la mia arte». E la mostra della Royal Academy ha saputo evidenziarlo molto bene.

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Se però non siete riusciti ad andare alla mostra di Londra e vi state chiedendo dove potete vedere le sue opere, la risposta è molto semplice: sulla Luna! L’ultimo lavoro di Ai Weiwei, Moon, nasce dalla collaborazione con lo straordinario Olafur Eliasson, ed è un esperimento di arte partecipativa online. Questa volta non potete proprio perdervelo!

Alcune considerazioni personali sulla mostra

  1. La tanto temuta fila per entrare alla Royal Academy. Inizio subito col dire che l’attesa per coloro che non erano riusciti a prenotare (tra cui, ovviamente, c’ero anch’io!), non è stata poi così tragica come volevano farti credere: mezz’ora. Mio padre mi rinfaccia ancora oggi le tre ore di fila fatte nel 2010 per vedere Caravaggio alle Scuderie del Quirinale: insomma, in Italia, quando ti dicono che c’è da aspettare, sai già che conterai le ore, non i minuti! Verso la fine della coda, quando ormai intravedevo le casse, ho pensato che anche per partecipare alla performance di Marina Abramovic, nel 2014 alla Serpentine Gallery, aspettai trenta minuti in fila e, allora, avevano addirittura creato l’hashtag #SGqueue… Si vede che gli inglesi non sono abituati, beati loro!
  2. Il prezzo del biglietto. Il biglietto intero costava £17.60 (circa €24), a dimostrazione che la cultura ha un valore e che, soprattutto all’estero, vi sono persone che lo riconoscono. Ho molto apprezzato che nel costo di ingresso fosse compresa l’audioguida, assolutamente imprescindibile per poter capire il lavoro di un artista complesso come Ai Weiwei. Tutte le opere avevano una loro spiegazione e un commento da parte del curatore Adrian Locke. C’è poco da dire: soldi ben spesi!
  3. La comunicazione. A livello comunicativo, la Royal Academy non ha dovuto fare molta fatica: Ai Weiwei è uno straordinario comunicatore – soprattutto attraverso i new media e i social network – e ogni vicenda che lo riguarda è di per sé una notizia. Inoltre, la polemica per l’arrivo del premier cinese a Londra nel mese di Ottobre e il conseguente ritiro del visto all’artista (atteso all’opening della mostra) hanno contribuito a creare ulteriore scalpore e interesse attorno all’esposizione. Non credo sia stata tutta una trovata pubblicitaria, ma immagino abbia sortito comunque l’effetto sperato!
  4. Foto sì o foto no? A differenza dei divieti imposti nella maggior parte dei musei italiani, qui non solo era consentito scattare foto, ma i visitatori erano invitati a postarle pubblicamente sui social network con l’hashtag #AiWeiwei. Insomma, tutto in perfetto stile Ai Weiwei, secondo il quale la tecnologia ci rende uomini liberi e la chiamata alle armi è «Never retreat, retweet13