Avevo vent’anni quando dopo il classico e l’iscrizione a legge a La Sapienza, ho salutato Roma per Bologna, preferendo il Medioevo a tutto il resto, colleghi di studi più impegnati agli amici di una vita, le crescentine alla pizza al taglio, la nebbia al ponentino. Insomma come molti a quell’età ho cercato di rendermela più difficile e crescere. Qui ho scelto di restare dopo la laurea in giurisprudenza con Augusto Barbera su La libertà di non associarsi e incontrato poche persone che hanno significato tutto con cui è stato facile parlare di cinema dopo il cinema e trovarsi in uno stanzino per cantare in un gruppo rock. Ho trovato casa, amore e finalmente il mio ritmo.

Sono già 15 anni che lavoro a Laboratorio delle idee e mia madre non ha ancora esattamente capito di che cosa mi occupo. Come tanti altri immagina però che il mio sia un bel lavoro ed è assolutamente vero, quello che sfugge come sempre è la fatica dietro il risultato, se tutto è andato come doveva.

Non è facile spiegare come navighiamo le mutevoli acque della comunicazione e come tutto sia cambiato più volte in questi anni, le persone ancor prima dei mercati e dei media. Attività ritenute un investimento per i tempi buoni che si sono invece rese ancor più vitali durante la burrasca. Un lavoro divertente che non è mai sembrato lo stesso perché il primo compito è imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, partendo dai nostri clienti, per poi raccontarlo con la sua metafora più bella. Incontrare persone e incrociare i talenti perché ogni volta è più interessante e giusto lavorare insieme ai migliori con i quali creare qualcosa che non si immaginava neppure.

Per molto tempo sotto al mio nome nel biglietto da visita appariva la dicitura progetti speciali. Ma alla fine ci siamo chiesti quali non lo fossero. Se passo in rassegna tra i tanti, lavori come Amores che ha portato la grande danza, che non trovava posto in teatro, in Piazza Maggiore e nelle periferie, o Dante09 che ha raccontato a Ravenna le mille facce del più grande visionario di tutti i tempi, o quelli che hanno incrociato l’arte e il contemporaneo per descrivere gli uomini e le aziende e le loro vocazioni. Per alcuni momenti non devo aspettare di avere 80 anni perché mi assalga un’emozione speciale.

Dietro a questo c’è sempre stato poi il lavoro invisibile, ma non per questo meno impegnativo, di creare e motivare il gruppo, di costruire un’idea creativa, di far quadrare i budget senza rinunciare all’ambizione del progetto, di curare ogni relazione come unica con una sensibilità che, sono convinta, sia la nostra cifra distintiva.

Qualche giorno fa mi sono svegliata alle quattro con una frase che mi rimbombava nella testa, un’ipotesi di payoff per una campagna: training your childhood.

Ecco perché Laboratorio delle idee è al momento la storia di fedeltà più lunga della mia vita.